fonte: http://www.ruralpini.it/Svizzera_senza_pesticidi.html

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di Michele Corti

Una notizia clamorosa e dal valore storico: la Cancelleria federale svizzera ammette il referendum del comitato “Per una Svizzera senza pesticidi sintetici”. Iniziativa per abolire completamente l’uso dei pesticidi e l’import di prodotti al pesticida. Frutto della democrazia svizzera che consente il referendum propositivo di modifica della costituzione. Nell’articolo ricordiamo il referendum del 1990 e le iniziative possibili in Italia sul fronte della liberazione dell’agricoltura dai pesticidi

(11.12.16) La Svizzera non smette di dare lezioni in tema di democrazia diretta e di ecologismo concreto. Una lezione tanto più significativa dopo la vicenda italiana del referendum sulla contro riforma costituzionale che ha visto una grande partecipazione al voto e un pronunciamento chiaro nel senso della difesa della democrazia ma che ha sottolineato come il popolo in Italia possa intervenire sul processo legislativo in modo limitato.

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Il plurilinguismo svizzero. Le lingue ufficiali sono quattro (Tedesco, francese, italiano, romancio. Ma la lingua parlata (e spesso anche scritta) differrisce da quelle standard

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Democrazia diretta

In Svizzera il referendum di iniziativa popolare può riguardare anche le modifiche della costituzione federale. Così essa è sottoposta a una revisione dinamica (e senza drammi) con un significativo apporto da parte delle iniziative referendarie. All’art. 192 della costituzione federale svizzera si afferma il principio che:

La presente Costituzione può essere riveduta in ogni tempo, interamente o parzialmente. Il popolo può anche proporre la revisione totale della Costituzione e se il Popolo si pronuncia per la revisione totale, si procede alla rielezione delle due Camere (art. 193). Il differenziale di quoziente di democrazia tra la carta elvetica e quella italica è incommensurabile.

Per una Svizzera libera dai pesticidi

Va premesso che la Svizzera è da tempo incamminata su una strada di forte espansione dell’agricoltura bio che la vede seguire l’esempio dell’Austria. Nel Canton Grigioni le aziende bio sono il 50% e nella val Poschiavo (geograficamente valtellinese) il bio arriva al 90%. Desta comunque scalpore la notizia che la proposta di referendum presentata dal comitato «Per una Svizzera senza pesticidi sintetici» l’8 novembre 2016 ha superato l’esame della Cancelleria federale e che dal 29 novembre si stanno raccogliendo le firme. Si tratta di un paese al cuore dell’Europa (anche se fortuna per esso fuori da una UE agli antipodi dai principi democratici) La raccolta firme si concluderà il 29 maggio 2018. I promotori hanno 18 mesi per raccogliere 100 mila firme. Nel caso di successo della raccolta firme al referendum può essere presentato anche un controprogetto da parte dell’assembea federale . Nel caso passerebbe il progetto che otterrebbe la doppia maggioranza sia degli elettori che dei cantoni. Va infatti tenuto presente che la Svizzera è una vera federazione e non sarebbe ammissibile un voto che passa in una minoranza di cantoni sia pure con una maggioranza di elettori.

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Ma cosa chiedono coloro che vogliono abolire i pesticidi dalla faccia dell’agricoltura svizzera? In concreto l’inserimento all’art. 74 della costituzione federale di un nuovo comma.

L’articolo attuale è così formulato:

Art. 74. Protezione dell’ambiente

  1. La Confederazione emana prescrizioni sulla protezione dell’uomo e del suo ambiente naturale da effetti nocivi o molesti.
  2. Si adopera per impedire tali effetti. I costi delle misure di prevenzione e rimozione sono a carico di chi li ha causati.
  3. L’esecuzione delle prescrizioni compete ai Cantoni, per quanto la legge non la riservi alla Confederazione.

Il referendum propone di aggiungere

2bis. L’utilizzazione di pesticidi sintetici nella produzione agricola, nella trasformazione dei prodotti agricoli e nella cura del suolo e del paesaggio è vietata.  L’importazione a fini commerciali di derrate alimentari contenenti pesticidi sintetici o per la cui produzione sono stati utilizzati tali pesticidi è vietata.

Cosa dire? Più chiaro di cosi! In ogni caso non sarà una battaglia facile perché se è vero che la Svizzera è il paese della democrazia diretta più avanzata è anche vero che è anche sede delle alcune delle più famigerate multinazionali.
I promotori si rendono ovviamente conto che è indispensabile un’attuazione graduale di questa rivoluzione e hanno previsto delle misure transitorie che prevedono un periodo di 10 anni per l’entrata in vigore del bando dei pesticidi.

Alle disposizioni transitorie (art. 197 della Costituzione federale recante Disposizioni transitorie successive all’accettazione della Costituzione federale del 18 aprile 1999) si aggiunge così un nuovo comma

Disposizione transitoria dell’art. 74 cpv. 2bis

1. La legislazione di esecuzione dell’articolo 74 capoverso 2bis entra in vigore entro dieci anni dall’ accettazione di questa disposizione da parte del Popolo e dei Cantoni.

2. Il Consiglio federale emana provvisoriamente le disposizioni di esecuzione necessarie mediante ordinanza, provvedendo ad assicurare un’attuazione progressiva dell’articolo 74 capoverso 2bis.

3. Fintanto che l’articolo 74 capoverso 2bis non sia interamente attuato, il Consiglio federale può autorizzare provvisoriamente derrate alimentari non trasformate contenenti pesticidi sintetici o per la cui produzione sono stati utilizzati tali pesticidi soltanto se sono indispensabili per far fronte a una minaccia fondamentale per l’uomo o la natura, in particolare a una grave situazione di penuria o a una minaccia eccezionale per l’agricoltura, la natura o l’uomo.

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E in Italia? Il precedente del fallito referendum del 1990

Anche in Italia il tema pesticidi è stato oggetto di referendum. Ben 25 anni fa. Ma non fu un merito. Perché il velleitarismo e l’ideologismo ottenne come risultato che quello fu il primo referendum azzoppato dal mancato raggiungimento del quorum. Perché non passò? Innanzitutto va osservato che non avendo il popolo diritto di iniziativa legislativa ma solo diritto di abrogare le leggi approvate dalle camere, il quesito referendario non poteva essere formulato in termini chiari. Si voleva abrogare – per costringere il legislatore a stabilire una nuova norma – la norma che consentiva al Ministro della Sanità il potere di stabilire quale fosse il limite oltre il quale un dato prodotto cominciava ad avere effetti nocivi sull’organismo.  Il quesito era così formulato:

“Volete voi l’abrogazione dell’art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283 “Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, limitatamente al secondo paragrafo del comma h) che reca il seguente testo: “Il ministro della sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto autorizzato all’impiego per tali scopi i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo”?

I promotori del referendum si auspicavano che il legislatore, per colmare il vuoto, si orientasse verso una soluzione che in luogo di limiti di legge “politici” si basasse su limiti dedotti da indicazioni medico-scientifiche. La debolezza di un simile approccio appare evidente se si considera che gli organismi ufficiali (Istituto superiore di sanità e, oggi, l’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare che prende per buone le prove di innocuità degli ogm fornite dalla Monsanto) si basano – ma sarebbe difficile che fosse diversamente considerando la logica (politico-legale) che li informa – su protocolli che non tengono conto del principio di precauzione ma che, al contrario, si basano sulla dimostrazione palese (attraverso indagini epidemiologiche o test con cavie di laboratorio) della tossicità conclamata. Oggi sappiamo che l’approccio delle agenzie in materia di ricerca delle prove degli effetti della tossicità di una molecola di sintesi sconta limiti enormi.

I danni alla salute, sempre che siano riconosciuti, sono acclarati con molto ritardo rispetto all’introduzione nelle catene alimentari della molecola di sintesi in ragione della necessità di accumulare nel tempo evidenze statistiche sufficienti. Nei fatti quando si arriva a “criminalizzare” una molecola, sono decaduti i brevetti o gli organismi bersaglio (malerbe, insetti, funghi) sono divenuti ad essa resistenti tanto che alla multinazionale che l’ha brevettata conviene mettere sul mercato un’altro principio attivo. Detto in termini facilmente comprensibili è necessario che muoia o comunque si ammali un notevole numero di persone prima che un qualsiasi prodotto di sintesi venga additato come pericoloso. Vi è poi l’annosa questione dell’effetto cocktail. Gli organismi viventi, i consumatori primari o secondari contaminati dalla tale molecola chimica non sono esposti solo a una sola molecola, ma a un insieme di molecole tossiche, genotossiche, cancerogene ecc. La logica dei “limiti di legge” e delle prove tossicologiche è irrimediabilmente impotente a tutelare la salute su questa base. Oggi, a differenza del 1990, sappiamo che molecole per lungo tempo ritenute innocue o poco pericolose sono distruttori endocrini, sono causa di danni a livello epigenetico che si traducono in cancro e altre malattie degenerative. Dopo decenni di indagini si sono accumulate evidente che alcuni pesticidi possono spiegare la riduzione della fertilità umana, l’aumento di malattie metaboliche, neuro degenerative, comportamentali. Posso ridurre l’intelligenza dei bambini. Se la speranza di vita sana è in diminuzione (mentre i media della finanza continuano a sbandierare l’aumento della vita media) è perché la contaminazione dell’aria e del cibo è aumentata. Sono diminuite le forme più grossolane di inquinamento, sono aumentate quelle più subdole, quelle che fanno si che l’esposto (si chiama così il cittadino avvelenato in nome del profitto), attraverso i suoi gameti “ammalati”, avrà figli, nipoti, pronipoti più suscettibili al cancro e alle malattie neurodegenerative, meno intelligenti, meno fertili.

Nel 1990 al referendum anti-pesticidi vennero mancare consensi anche a seguito di un’impostazione ideologica. Era inserito in un pacchetto di tre referendum di chiara marca ideologica promossi dagli ambientalisti e dalla sinistra: Partito Radicale, dai Verdi, dal Partito Comunista Italiano, da Democrazia Proletaria, da Sinistra Indipendente, da Lega Italiana Protezione Uccelli, da Legambiente e (solo per i due quesiti sulla caccia) dal Psi. Era espressione di un ambientalismo chiaramente ideologico, di matrice urbana che lasciava diffidente larga parte dell’elettorato “moderato” che negli anni successivi si sarebbe in larga misura allineato ad un consenso sempre più generale (ma anche sempre più ambiguo). Un elettorato che, però, al di fuori degli schieramenti politici divenne sempre più “trasversalmente” un consumatore bio, un riciclatore. Unire il tema dei pesticidi a quello della caccia fu un grave errore perché mobilitò non solo il mondo venatorio ma anche quello agricolo (dove la componente bio era allora una minoranza “marziana”). Quanto sia stato un errore insistere con l’abolizione della caccia che in nessun altro paese del mondo è perseguita dai movimenti ecologisti lo si capisce oggi a posteriori. Con i cinghiali (e altra fauna nociva) che entrano nelle città, con il moltiplicarsi di incidenti stradali anche mortali per impatto con esemplari di fauna selvatica, con i danni enormi all’agricoltura che eccedono la capacità di indennizzo degli enti preposti (senza contare che gli agricoltori non “professionali” non sono indennizzati da tempo) anche gli ambientalisti (tranne le frange fanaticamente animaliste) si guardano bene in mente di riprovare ad abolire la caccia. Si limitano a impedire la revisione di una legge (157/92) che “tutela” in modo assurdo anche la fauna dannosa e che ha provocato – in forza delle limitazioni spesso capziose dell’attività venatoria – la tendenza alla prossima estinzione del cacciatore.

La battaglia si sposta sul piano locale

L’ambientalismo istituzionale, però, non si sogna nemmeno di tornare alla carica sui pesticidi. Entrato in legami sempre più stretti con i poteri forti grazie alla “green economy” e alle speculazioni sulle finte energie rinnovabili, ha perso anche quello che c’era di buono in quella carica ideologica del passato. Per questo motivo in Italia le iniziative contro i pesticidi, a differenza della Svizzera, sono portate avanti a livello locale. Anche se non è facile.

Malles

A Malles, in val Venosta, nel 2014 il referendum comunale per la messa al bando dei pesticidi (69% di votanti, 75% di SI) è stato insabbiato prima dal consiglio comunale (vai all’articolo) che aveva fatto mancare il numero legale alla sua ratifica poi dal Tribunale di Bolzano con una sentenza in sede civile del maggio di quest’anno. Nel frattempo, però, il comune di Malles come altri in Italia, ha introdotto un regolamento molto restrittivo. Nel 2012 il Tar di Trento (vai all’articolo) aveva sostanzialmente respinto il ricorso contro un regolamento del genere del comune di Malosco in val di Non (la valle di Melinda e della monocoltura della mela con largo ricorso ai pesticidi) . L’esempio di Malles ha però messo in moto un movimento (tutto giocato a livello locale) che ha coinvolto aree vicine al Trentino-Alto Adige come il bellunese o lontane come il Salento. Di particolare interesse la campagna “Liberi dai veleni” lanciata in provincia di Belluno. Qui, dopo il capoluogo, il secondo comune della provincia, Feltre, ed altre amministrazioni hanno adottato nelle ultime settimane regolamenti restrittivi sull’onda sia del successo di alcune esperienze di agricoltura bio ma anche all’espansione di meleti chimici (per opera di imprenditori del Trentino-alto adige) e della monocoltura viticola del Prosecco.

Vedasi Gazzetta Ufficiale Svizzera (ITA)

https://www.admin.ch/ch/i/pore/vi/vis471t.html

e/o Gazzetta Ufficiale Svizzera (ITA)

https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2016/7519.pdf

Schweizerisches Bundesblatt (DEU)

https://www.admin.ch/opc/de/federal-gazette/2016/8433.pdf